Precisiamo che articoli, recensioni,
comunicazioni, eventi, appuntamenti... e quant'altro vengono da noi pubblicati
non in base ad una adesione ideologica o morale, ma solo
se ce ne viene fatta esplicita richiesta (anche con una semplice
comunicazione fatta alla nostra Redazione a scopo di pubblicazione),
pur rimanendo noi liberi di soddisfare o meno i desiderata.
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Riportiamo un articolo pubblicato da Sodalitium nel n. 50 del 1999 alla rubrica "L'Osservatore Romano". È interessante anche per lo scalpore suscitato a suo tempo e dopo. Esso è anche alla base di una discussione che un certo M.O. ha avuto con il Padre X, sacerdote ex-lefebvriano al seguito di don Pietro Cantoni. Tale discussione la riportiamo in altro articolo. O.R.. = L'Osservatore Romano, edizione
italiana. |
«In
omnibus operibus tuis, memorare novissima tua, et in aeternum non peccabis»
(Eccli, 7, 40): in tutte le opere tue ricordati della tua fine --delle
cose ultime-- e non peccherai in
eterno. Se il Catechismo di San Pio X elenca i quattro novissimi (Morte,
Giudizio, Inferno e Paradiso --ai
quali possiamo aggiungere il Purgatorio--)
tra le «verità principali della fede cristiana»,
tutta la tradizione cattolica ha sempre posto la meditazione dei «novissimi»,
anche sulla scorta della citazione scritturale summenzionata, al posto
principale della via purgativa nell'ascetica cristiana. |
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Come in ogni buon trattato,
iniziamo dalle definizioni (nominali e reali). I termini classici e
ormai consacrati da un lungo uso da parte del Magistero (se non della
Sacra Scrittura) sono visti con diffidenza ed accettati solo tra virgolette:
così, Giovanni Paolo II parla di «Cielo» e «beatitudine»
(e mai di Paradiso), e di «purgatorio». Solo l'inferno,
con la minuscola, non è virgolettato, ma è accostato al
termine dannazione come a un suo sinonimo. Tutto ciò, come vedremo,
non a caso. Se passiamo dal termine utilizzato alle definizioni, notiamo
subito un cambiamento di prospettiva rispetto al concetto corrente di
Paradiso, Inferno e Purgatorio. |
Sembrerebbe ozioso
porsi questa domanda, ma commentando Giovanni Paolo II non lo è.
Il proprio della pena, insegna S.Tommaso, è di essere «afflittiva,
contraria alla volontà e inflitta per una colpa»
(I-II, q. 46, a 6 ad 2). |
Ecco un'altra
domanda stravagante, se non provocatoria! |
Ci sono dei dannati in Inferno? Ma --e
questa non è una novità nel pensiero di Karol Wojtyla--
egli si spinge oltre, e giunge a ipotizzare la possibilità che
in definitiva nessun uomo sia dannato. «La dannazione rimane
una reale possibilità, ma
non ci è dato di conoscere, senza speciale rivelazione divina,
se e quali esseri
umani vi siano effettivamente coinvolti» (II, 4). |
Ecco chi sono i Grandi per Vojtyla: un
Origene (già condannato dalla Chiesa proprio a motivo dell'Inferno),
un Bulgakov (eretico gnostico) e un Balthasar (che è tutto un dire)!!!
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Chi va in Cielo, in Inferno, in Purgatorio? Abbiamo visto
che forse --per Karol Wojtyla--
tutti vanno in Paradiso e nessuno in Inferno. Ma qui vogliamo parlare
del criterio di giudizio. Nella sua catechesi sul Cielo, ad esempio, Giovanni
Paolo II non fa mai menzione della grazia e della necessità di
morire in grazia di Dio. Le sue espressioni sono, ancora una
volta, vaghe e «personalistiche»: |
I Novissimi e la Sacra Scrittura
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